Datum: |
20.3.2009 |
Medium: |
Il paese |
Titel: |
Interpretazioni di alto valore ai Concerti pubblici |
Original: |
Nein |
Interpretazioni di alto valore ai Concerti pubblici
Non si può evitare di stabilire un parallelo tra Juan Crisostomo Arriaga, compositore spagnolo, e Nicola Antonio Manfroce, compositore italiano, quasi contemporanei. Entrambi morirono giovanissimi, a venti anni non ancora compiuti il primo, a ventidue il secondo. Tuttavia quella breve vita bastò loro per mettere in luce doti eccezionali e per entrare nella storia della musica. Al punto che tutti si domandano quanti capolavori ci avrebbero dato se fossero vissuti più a lungo. Dell’Arriaga il concerto pubblico del 27 febbraio ha fatto conoscere la Sinfonia in re maggiore, che pur tra qualche incertezza rivela una personalità forte e una inventiva considerevole. Il primo tempo sprizza energia da tutti i pori grazie ad una intensa vitalità ritmica; il secondo è episodico, ma contiene idee interessanti; non presenta motivi di ammirazione particolari il minuetto, ma l’”allegro con moto” conclusivo, che prende avvio con un tema bellissimo, stupisce sia per la felice vena melodica sia per il lavoro costruttivo.
Nella stessa serata la pianista Kathryn Stott ha interpretato la parte solistica del Concerto per pianoforte di Poulenc. Presumo che questa composizione le sia congeniale. L’ha suonata infatti con straordinaria partecipazione e assoluta sicurezza. Tanta è stata la sua padronanza di ogni passaggio da far sorgere la domanda per quale ragione abbia tenuto la partitura davanti agli occhi, voltando le pagine lei medesima. La serata è stata conclusa da una esecuzione limpida e tesa della Sinfonia n. 31 (“Parigi”) di Mozart.
Pablo Gonzalez ha diretto con slancio e chiarezza di idee, assecondato a dovere dall’Orchestra della Svizzera italiana.
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Il 6 marzo i Concerti pubblici hanno presentato “Épiphanie”, affresco musicale per violoncello e orchestra di André Caplet. Questo compositore e direttore d’orchestra francese, vincitore del Prix de Rome, poi attivo tanto in Europa quanto in America e morto prematuramente nel 1925 a quarantasette anni, è una personalità interessante, che probabilmente meriterebbe maggior fama. Il brano eseguito a Lugano costituisce veramente un affresco in termini di suoni, grazie alla densità del tessuto orchestrale e alla ricchezza di idee nel “Cortège” e nella “Danse des petits nègres”. Non meno validi sono i raffinati recitativi del violoncello solista nella parte centrale della composizione. Il direttore Howard Shelley, il violoncellista Sebastian Diezig e l’Orchestra della Svizzera italiana ne hanno dato una lettura ammirevole per correttezza ed espressione.
In apertura della serata lo Shelley e l’orchestra hanno fatto ascoltare in una esecuzione freschissima e scintillante la Sinfonia n. 87 (“Parigi n. 6”) di Haydn; non meno pregevole è stata l’interpretazione, nella seconda parte, della Sinfonietta per orchestra di Poulenc.
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Il concerto del 13 marzo ha costituito un “crescendo” di qualità che, alla fine, ha destato l’entusiasmo del pubblico.
All’inizio è stato eseguito il concerto per violino e orchestra di Brahms. Il solista Boris Brovtsyn possiede ottime capacità tecniche ma produce un volume di suono piuttosto esile. L’intesa con l’orchestra non è sempre stata ideale. Spesso i legni e i corni hanno sopraffatto il solista (sarebbe stato compito del direttore moderare i loro interventi). È avvenuto anche nel bellissimo passaggio del primo tempo che segue la cadenza, dove la linea melodica del violino, riecheggiante il primo tema, avrebbe dovuto emergere più chiaramente sugli altri strumenti (come si desume anche dalle indicazioni della partitura, le quali prescrivono il “piano” per il solista, ma il “pianissimo” per l’orchestra). Un certo eccesso di volume si è notato anche in qualche intervento di prime parti dell’orchestra, come quello dell’oboe all’inizio dell’”adagio”, che secondo la mia impressione (ma forse anche le dimensioni della sala vi hanno contribuito) è andato oltre il “piano” ed il “dolce” richiesti; in ogni caso troppo marcato è stato il contrasto con l’entrata, poco dopo, del violino, avvenuta davvero in modo “dolce”. Sul piano interpretativo il Brovtsyn ci ha donato parecchi momenti di alta poesia, ma in qualche passaggio non ha convinto pienamente: ad esempio nel primo tempo il secondo tema non ha avuto la plasticità, la tensione, il senso di cocente tristezza che gli apparterrebbero. Insomma l’esecuzione del capolavoro di Brahms, pur mantenendo un livello di indiscutibile decoro, non ha raggiunto il grado di accuratezza al quale i concerti pubblici ci hanno abituato.
Il “crescendo” qualitativo di cui si diceva si è però manifestato fin dalle prime battute del “Prélude à l’après-midi d’un faune” di Debussy. Il primo flauto è stato autore di una prestazione superba per duttilità e finezza mentre Alain Lombard, dal podio, e l’Orchestra della Svizzera italiana hanno saputo cogliere a loro volta tutte le sfumature e le sottigliezze di questa straordinaria composizione.
Il concerto è terminato con la suite dall’”Uccello di fuoco” di Stravinskij, nella versione del 1919. Sarebbe difficile immaginare una esecuzione migliore di quella ascoltata venerdì scorso a Lugano. Questa suite alterna danze di grande esuberanza ritmica, coloristica e armonica, nelle quali sembrano scatenarsi forze primitive, a brani di accattivante delicatezza, in una atmosfera da leggenda orientale. Entrambi gli aspetti della composizione sono stati messi in luce in modo ammirevole dal Lombard e dall’orchestra. Ecco due esempi estremi: nella danza infernale di Kachtchei la nettissima scansione ritmica e la compattezza degli interventi dell’orchestra in “fortissimo” ne hanno fatto una manifestazione formidabile di energia, senza peraltro cadere nell’asprezza e nella violenza sonora, mentre d’altro lato sono stati incantevoli i tremoli degli archi, in un “pianissimo” assoluto, al termine della “Berceuse”. L’intensità degli applausi non ha lasciato dubbi sul gradimento, da parte degli ascoltatori, di questa splendida interpretazione.
Concerti Mosaico
Almeno un cenno merita il primo concerto “Mosaico”, tenuto il 2 marzo al Ristorante Grand Café al Porto di Lugano e l’8 marzo all’Osteria Teatro Unione di Riva San Vitale con un programma comprendente musiche di Couperin e Debussy.. Ero presente a Riva San Vitale. Hans Liviabella, violino, Barbara Ciannamea, violino, Ivan Vuckevic, viola, e Felix Vogelsang, violoncello, hanno presentato interpretazioni di alta classe. Sono riusciti a rendere interessante, con squisite sfumature e chiaroscuri, anche il brano di Couperin, benché lontano dalla nostra sensibilità. Quanto alle composizioni di Debussy, si può dire che sono state fonti di intensissimo godimento. Particolarmente nel Quartetto op. 10 gli esecutori hanno trovato sonorità d’un meraviglioso velluto.
Carlo Rezzonico